I mestieri del libro nell’era dell’IA: editor, traduttori e correttori sono davvero a rischio?

Mentre l’intelligenza artificiale si fa strada nel mondo dell’editoria, gli operatori del settore si interrogano sul futuro delle professioni legate al libro.

Nel 2024, l’intelligenza artificiale ha superato i confini della narrativa di fantascienza per diventare una presenza tangibile nel quotidiano. L’editoria, che da secoli è custode della parola scritta, si trova oggi ad affrontare una delle sue sfide più radicali: la coesistenza (o il conflitto) tra l’uomo e la macchina nella produzione dei contenuti.

In molti si chiedono: l’IA sostituirà davvero editor, correttori di bozze, traduttori letterari? O siamo di fronte a una trasformazione che, se guidata con intelligenza, potrebbe valorizzare piuttosto che annullare il ruolo dell’uomo?

Secondo una ricerca condotta dall’International Publishers Association, già il 32% delle case editrici europee utilizza strumenti di IA generativa per la traduzione e il controllo stilistico dei testi. Tuttavia, il fattore umano resta insostituibile nei passaggi più delicati: l’interpretazione del tono, la coerenza narrativa, la comprensione culturale profonda.

Lo stesso vale per la figura dell’editor, che è sempre meno semplice revisore e sempre più mediatore culturale. Un software può proporre varianti, ma è l’occhio esperto dell’editor che valuta se quelle scelte rendano giustizia all’intenzione dell’autore.

Persino nella correzione di bozze, le IA commettono spesso errori evidenti quando il contesto è ambiguo o poetico. Ne sanno qualcosa i lettori di una nota edizione digitale, dove “cielo stellato” era stato trasformato automaticamente in “cielo installato”.

Insomma, più che la fine di un mestiere, ci troviamo di fronte a una transizione: chi lavora nel libro dovrà forse imparare a dialogare con l’intelligenza artificiale, senza esserne schiacciato.

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